Ma quella di cui parla Nietzsche è una ricerca dell’anima: l’isolamento come piacere, che trova conferma nella compagnia. La solitudine che accende il cervello, che ci rende lucidi, ci ricarica; che è distratta dalla socialità, nella quale trova però conferma della sua necessità. Il 2020 lo definirei “l’anno della solitudine”. Le restrizioni a cui siamo stati sottoposti hanno costretto tutti, senza esclusione, ad affrontare senza veli le proprie vite.
Luigi Pirandello diceva che c’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno. Ecco. Il lockdown ci ha privati della libertà di essere nessuno.
Ci ha privati del piacere di svestirci delle nostre responsabilità, che, volenti o nolenti, condizionano le nostre vite. Perché la possibilità di essere nessuno, anche per pochi minuti al giorno, ci rende persone migliori. Gratifica la nostra anima e ci rende più disponibili nei confronti dell’altro.
Tempo possibile e tempo impossibile