di Bruno Alabiso
Premessa: risiedo da anni negli Stati Uniti, e, sebbene relativamente bene informato sulle vicende Italiane ed Europee, vivo le mie radici con il beneficio e le limitazioni di una lontananza non solo fisica, ma anche culturale. La mia formazione è decisamente tecnologico-scientifica, sebbene gli anni formativi ad indirizzo umanistico spesi in Italia mi hanno naturalmente spinto alla ricerca critica delle conseguenze filosofiche, sociali, culturali e psicologiche delle varie tecnologie che sono state sfornate e divorate a velocità sempre crescenti.
Ricordo bene il periodo di estremo entusiasmo, quando lavoravo alla Microsoft ed il mondo del futuro appariva a tutti come una magia con la promessa di realtà. Una realtà fedelmente e genuinamente immaginata come un ‘mondo migliore’. Ecco che si comincia a giocare con un’Internet embrionica e sperimentale. La tecnologia si presenta da sola, non in maniera teleologica (cioè come progetto destinato ad una funzione designata), ma esistenziale: i pezzi ci sono tutti, provenienti da sistemi usati per le comunicazioni nel mondo accademico, si tratta solo di metterli insieme per il consumo di massa. Quali saranno le applicazioni? Come verrà usata la famigerata ‘rete’? Cosa succederà quando il valore di tutte le opinioni, di tutte le tesi ed ipotesi saranno livellate da un mezzo senza controllo, senza filtri, senza gerarchie, senza ordine, per di più osannato per le sue promesse di uguaglianza e libertà partecipatoria? Le ipotesi abbondano, ma l’uomo che guarda al futuro è irrimediabilmente miope. I pionieri (io tra i tanti) non potevano prevederne le reali conseguenze.
Come nel caso di tutte le nuove tecnologie, i vantaggi immediati nascondono i problemi che li accompagneranno nel futuro. Non sento certo il bisogno di soffermarmi sui vari disordini culturali e sociali che si sono materializzati nella (dis-)informazione di massa, nella pretesa di autorevolezza di ogni opinione, nell’isolamento fisico, sociale e psicologico degli individui, nei danni emotivi e sociali subiti dagli adolescenti, nella semplificazione e conseguente superficialità dei processi di apprendimento, e così via.
L’uomo, spinto da un’indomabile curiosità mista a sentimenti meno nobili (ma ugualmente indomabili) di ingordigia e egomania (“homo deus”), non può fare a meno d’inventare ‘il nuovo’, ‘il diverso’, poco curandosi di quali possano esserne le conseguenze a lungo termine.
Ci troviamo oggi alle soglie di una nuova rivoluzione tecnologica, e varrebbe la pena di studiarne con grande attenzione e meticolosità le implicazioni economiche, sociali e politiche.
Tempo possibile e tempo impossibile