Un uomo è nudo seduto alla scrivania. La sua casa è cattedrale gotica abbandonata. E’ di mezza età o forse poco meno; un informatico, e sembra attendere, ansioliticamente, una telefonata importante. Tutto è surreale, l’antico decade e mal resiste ad una ipertecnologia “fantasiosa” come quella che sognava un bambino degli anni ‘60.
In strada, video nastri pubblicitari occupano facciate di grattacieli e scorrono come a voler inseguire il passante (è la versione tecnologica dell’insistente venditore ambulante). Uno recita: “viviamo in un mondo caotico che ci confonde, così poche possibilità così poco tempo. Di che cosa abbiamo bisogno? abbiamo bisogno di amore? cosa ci fa sentire bene? bisogna dare senso alle cose della vita. Chiama il numero…”. La risposta di pancia mentre guardo il film è: fottiti! L’uomo si chiama Qohen Leth e l’azienda per cui lavora è la Mencom (sembra richiamare la parola manicomio). Lo slogan aziendale è il seguente: “La perfezione è obiettivo che ognuno di noi ha il diritto e il dovere di perseguire, il nostro scopo è quello di aiutarvi a raggiungere il vostro obiettivo”.Ma perché il protagonista dice “noi” anziché io? “noi” chi?… “ noi stessi!” L’io è stato soppiantato dal “noi stessi”. L’unicità della persona è andata perduta. Non è una frantumazione dell’io, ma un io disperso in una massa, una massa che si muove sottoposta a logiche esterne ben definite, e soprattutto una massa che non può scegliere. Qohen è un altro Truman, in uno show creato apposta per lui (e anche per tutti gli altri): sedute virtuali di psicoterapia con l’obiettivo di impedire al protagonista di prendere consapevolezza della situazione (e quindi allontanarlo dalla libertà di scelta); una ragazza pagata ad ore che gli darà attenzioni (esclusivamente del tipo“ telematico-tantrico”); abiti fatti di fibre ottiche che lavorano con le terminazioni nervose e se indossati permettono viaggi virtuali, e infine le immancabili telecamere nascoste: forte è l’immagine del Cristo con una telecamera al posto del capo.
Il protagonista lavora al teorema zero, ossia deve provare che materia ed energia si contrarranno fino a sprofondare in un buco nero, quindi anche lo spazio e il tempo non esisteranno più. Tutto deve tornare a zero, deve tornare al nulla da dove è venuto. Ma per Qohen il teorema è impossibile perché “il tutto non può essere per nulla”. Qohen cerca disperatamente la propria “storia”, e la storia si verifica solo quando il tempo si irradia di senso e gli eventi vengono sottratti alla casualità. La chiamata che il protagonista aspetta è l’adempimento di quanto gli è stato annunciato (almeno lui lo crede) e come in una perfetta visione giudaico cristiana è una attesa a promettere tale adempimento e l’uomo separato dall'entità che l’ha creato non ha in sé nessuna consistenza. Questo nichilismo è insito nell’atto stesso della creazione. L’uomo, senza la sua chiamata, rappresenterebbe la dimostrazione stessa della veridicità del teorema zero, almeno nel suo senso metaforico. Almeno secondo una interpretazione religiosa.
Ma quale è lo scopo di una società che ci vuole soli e schiacciati da un tale nichilismo? Perché il teorema vorrebbe dimostrare che siamo ad esso condannati? Il teorema prevede un finale forse emotivamente spaventoso ma molto elegante per un fisico: un finale “ordinato”. Il caos che oggi vive nell’universo convergerebbe all’ordine. L’ordine consiste in una materia non più sparpagliata ma tutta concentrata in un punto. Quel punto si contrae su se stesso e poi sovviene il nulla. Ma come si ordina il caos? Schrödinger, il famoso fisico con il gatto nella scatola, diceva che se si vuole cercare la vita, bisogna cercare qualcosa di ordinato. Insomma la funzione della vita, e quindi dell’uomo, sarebbe proprio quella di creare ordine. Purtroppo la logica dell’uomo è quella secondo cui ex inordinatio veni pecunia. E per usare le parole di Leopardi: ella rende piccoli e vili e da nulla tutti gli oggetti sopra i quali ella si esercita, annulla il grande, il bello, e per così dire la stessa esistenza, è vera madre e cagione del nulla. Leopardi parlava della Ragione. La ragione oggi è il denaro. Questa è la logica madre che schiaccia gli uomini e li rende soli.
Tempo possibile e tempo impossibile