di Alice Pisu
Si chiamava
Les Vraies Richesses. Era una libreria-casa editrice e poi biblioteca nel cuore di Algeri. Uno spazio fisico e mentale, esito del sogno di un ventenne visionario – Edmond Charlot – che nel 1936 immaginò di riunire idealmente le sponde del Mediterraneo senza preclusioni linguistiche o religiose. Fu la parigina
Maison des amis des livres di Monnier a ispirare quel che avrebbe preso forma al 2 bis de la rue Charras, uno spazio confortevole per il pensiero dove non era infrequente incontrare André Gide o Antoine de Saint-Exupéry. Ben presto sede delle Èditions Charlot, quella libreria-casa editrice annoverò le preziose prime edizioni di testi memorabili come l’esordio di Albert Camus e divenne un ponte tra culture diverse, luogo di scambio e di confronto per “gli amici che amano la letteratura e il Mediterraneo”.
Il suo nome è un tributo al libro di Jean Giono, testo che invita a rinnovare lo stupore per le vere ricchezze della vita, la terra, il sole, i ruscelli, e anche la letteratura. Furono in tanti a ritrovarsi in quei quattro metri per sette, da Jules Roy, Kateb Yacine, Mouloud Feraoun, Emmanuel Roblès, Jean Amrouche, Himoud Brahimi a Mohammed Dib. Per immaginare oggi il peso di una libreria che realmente segnò la storia di un luogo, fu testimone degli anni più drammatici del Novecento e si fece simbolo di condivisione e interazione, basta affidarsi alle pagine de La libreria de la rue Charras, L’orma editore, trad. Francesca Bononi.
Tempo possibile e tempo impossibile