Forse è grazie a questo verso impresso nella mia mente che ho da sempre associato la solitudine ad un’esperienza benefica di vera conoscenza di sé stessi, oltre che di contatto con il Divino e di profonda pace interiore. E ho sempre ricercato nella vita giusti spazi di solitudine, di fuga dal rumore, dalle persone e dalle cose. Ma riconosco che è forse anche grazie a questo rumore che da sempre accompagna la mia esistenza che non ho mai sperimentato quella solitudine “forzata” che spaventa tutti, quella che nei discorsi viene sempre connotata come un mostro che, inesorabilmente, sta lì che aspetta il momento giusto per divorarci.
Può sembrare una visione un po' retorica e, forse, poco credibile soprattutto per chi da questa solitudine tende a fuggire. E se si prova a trasmetterla, il più delle volte si è immediatamente respinti (e chissà perché, il primo esempio che viene solitamente riportato per sconfessare questa visione benefica della solitudine, è quella degli anziani soli, ma a mio modo di vedere si tratta in questo caso di abbandono e non di solitudine).
Per non parlare poi dell’idea, apparentemente paradossale ma di cui pure sono convinto, che solo nella solitudine è possibile trovare il contatto e la vera relazione con gli altri. Prova ne è il fatto che il silenzio mette in imbarazzo perché smaschera e rende il contatto più intimo.
Tempo possibile e tempo impossibile